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Eredità digitale: compatibilità tra diritto successorio e progresso tecnologico

  1. Premessa

Nell’era della digitalizzazione risulta necessario analizzare la compatibilità (rectius: adattabilità) della normativa italiana prevista in materia successoria con gli sviluppi tecnologici verificatisi negli ultimi venti anni, ossia con i nuovi sistemi messi a punto dalla, ormai, avanzata industria informatica, che determinano la creazione di beni nuovi (immateriali), di certo meritevoli di tutela, i quali vanno a comporre, alla stregue dei beni materiali (mobili/immobili), il patrimonio attivo di un soggetto. Importante, dunque, è capire come tali beni vengano trattati e considerati all’apertura della successione del soggetto nel cui patrimonio si trovano, avendo particolare riguardo alle modalità di disposizione degli stessi e agli eventuali (ed inevitabili) limiti da rispettare per evitare delle attribuzioni invalide. Per spiegare tutto ciò, bisogna, in primis, fornire delle brevi ma coincise informazioni sull’attuale sistema successorio italiano, per poi, invece, porre la lente di ingrandimento su tali beni di nuova creazione, frutto del progresso informatico e digitale.



  1. Il fenomeno successorio

In un sistema giuridico come quello italiano, fondato sulla proprietà privata, il legislatore non poteva non disciplinare la sorte del patrimonio (attivo e passivo) di un soggetto defunto. La normativa da considerare è contenuta nel libro secondo del Codice civile, ossia agli artt. 456 e ss.

Il fenomeno successorio è scandito da quattro momenti: apertura della successione, vocazione, delazione e accettazione dell’eredità.

Ai sensi dell’art. 456 c.c., la successione si apre al momento della morte di un soggetto e nel luogo dell’ultimo domicilio di quest’ultimo. In alcuni casi, non è netta la distinzione tra la vita e la morte; infatti, non sempre la morte dell’uomo coincide con quella dell’intero organismo. Secondo la dottrina prevalente, nelle ipotesi dubbie, in cui il confine tra la vita e la morte diventa labile e sfumato, un soggetto si deve ritenere deceduto quando cessano le funzioni del suo sistema nervoso centrale (c.d. cervello piatto o morte cerebrale).

Per vocazione si intende l’individuazione dei soggetti chiamati a succedere: essa può essere legale (ab intestato) o testamentaria. Per delazione, invece, si intende il momento in cui i soggetti chiamati alla successione possano accettare l’eredità. Tendenzialmente, vocazione e delazione coincidono, ma vi sono dei casi in cui ciò non si verifica (es. istituzione sotto condizione sospensiva; istituito erede nascituro. Nella prima ipotesi, si avrà delazione solo al verificarsi della condizione; nella seconda, invece, quando verrà ad esistenza il nascituro).

Infine, vi è l’accettazione. L’ eredità, a differenza dei legati, deve essere accettata espressamente (in modo puro e semplice e con beneficio di inventario) o tacitamente. Tuttavia, vi sono anche ipotesi di acquisto automatico: 1) quando il delato si trovi nel possesso dei beni ereditari e non faccia l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione (485 c.c.); 2) quando l’eredità, in assenza di eredi (o per il caso in cui tutti quelli presenti non possano o non vogliano accettarla), vada a favore dello stato; 3) quando il delato sottragga beni ereditari.

 

 

  1. Diritti trasmissibili                                                    

In linea generale è possibile affermare che cadono in successione solo i diritti patrimoniali. Vi sono tuttavia, delle eccezioni: non cadono in successione (c.d. diritti intrasmissibili):  i diritti reali legati alla vita del titolare (usufrutto, uso, abitazione etc); i rapporti intuitu personae (mandato, qualità di socio nelle società semplice, in nome collettivo e per i soci accomandatari della società in accomandita semplice, salvo il caso in cui nel contratto sociale sia prevista una clausola di continuazione automatica); i rapporti e gli stati familiari; l’obbligo del pagamento della multa o dell’ammenda, in quanto la morte del reo estingue la pena; le posizioni aventi carattere strettamente personale o che siano dichiarati intrasmissibili (es. facoltà di revoca dell’atto costitutivo di una fondazione).

 

 

  1. Diritti patrimoniali su beni immateriali

Come già precisato, si trasmettono mortis causa, salve le eccezioni supra descritte, tutti i diritti patrimoniali. Oggetto di diritto possono essere tanto beni materiali, mobili ed immobili (tra l’altro, questi sono gli unici beni espressamente disciplinati all’interno del codice civile), quanto i beni immateriali. In particolare, si fanno rientrare in tale categoria: i segni distintivi dell’azienda (ditta, insegna, marchio) nonché i diritti sulle opere di ingegno che, alla luce del tema oggetto del presente lavoro, meritano di essere approfonditi.

Quando si parla di opere dell’ingegno è necessario distinguere fra opere aventi rilevanza industriale e opere frutto della creatività (artistica, letteraria, musicale etc.) dell’uomo. Le prime, tendenzialmente, oggetto di brevettazione, sono previste dal codice della proprietà industriale; le seconde, invece, trovano la loro disciplina nella legge sul diritto di autore, ossia la legge 22 aprile 1941, n. 633.

I diritti che si possono vantare su questa particolare tipologia di beni immateriale si distinguono in diritti morali e diritti patrimoniali. Rientrano nella prima categoria: il diritto di rivendicare la paternità sull’opera;  il diritto di richiederne, ove ne sussista una valida ragione, il ritiro dal mercato e il diritto di modificarla. Rientrano nella seconda, invece, i diritti di sfruttamento patrimoniale del bene. Mentre i diritti morali sono intrasmissibili (e spettano, alla morte dell’autore, ai prossimi congiunti di quest’ultimo, iure proprio), liberamente cedibili, sia inter vivos che mortis causa, sono i diritti patrimoniali.

 

 

  1. I beni di nuova generazione

L’avanzamento tecnologico e digitale spinge l’interprete ad interrogarsi sulla compatibilità della normativa successoria italiana sia con gli strumenti di nuova generazione (tablet, pc, laptop) — che potrebbero di fatto contenere e custodire  disposizioni di ultima volontà — sia con i beni frutto del progresso umano e informatico, che è possibile reperire all’interno degli strumenti predetti (applicazioni, software, foto digitali, documenti informatici etc), che, invece, potrebbero essere oggetto di disposizioni testamentarie, sia a titolo universale (istituzione ereditaria) che  particolare (legati di specie). Interessante è comprendere se:  i) un soggetto possa fare testamento redigendo quest’ultimo su supporto informatico, firmato digitalmente; ii) si possa disporre dei diritti sui c.d. beni dell’era digitale aventi rilevanza patrimoniale.

In merito al primo aspetto, è opportuno dare atto che uno dei principi fondamentali che caratterizza la volontà testamentaria è il formalismo; ciò significa che il testamento deve necessariamente ed esclusivamente rivestire una delle forme previste dalla legge: testamento olografo (art. 602 c.c.), testamento pubblico (art. 603 c.c), testamento segreto (artt. 604 e 605 c.c.) o testamento internazionale. Invero, il testamento segreto (come anche quello internazionale), può anche essere scritto su supporto informatico, ma sussiste sempre l’obbligo di sottoscriverlo di pugno (anche se, rispettando le formalità previste dalla legge, la sottoscrizione potrebbe pure mancare) e di consegnarlo ad un notaio, il quale redigerà il verbale di ricevimento (o, nel caso di testamento internazionale, attestato).

Per quanto riguarda, invece, la possibilità di disporre dei nuovi beni immateriali (applicazioni, foto digitali, documenti informatici etc.) o meglio, dei diritti patrimoniali sugli stessi (unici diritti disponibili, come precisato sopra), si ritiene che, ove essi abbiano valore patrimoniale, se ne possa disporre liberamente, potendo trovare applicazione in via estensiva, di volta in volta, la disciplina prevista in materia di invenzioni o di diritto di autore.

 

 

6. Legato di password

Spesso, per potere accede ai beni informatici sopra descritti, risulta necessario inserire una password di accesso (del pc, del profilo etc).  All’uopo, è possibile distinguere le seguenti ipotesi.

In caso di apertura della successione legittima, gli eredi non potranno che avanzare una richiesta di accesso ex art. 2 terdecies del D.Lgs. n. 196/2003, come modificato dal D.Lgs. n. 101/2018 («Codice in materia dei protezione dei dati»), al fine di potere entrare nei dispositivi e/o profili del de cuius.

In caso di successione testamentaria, invece, il testatore ha a disposizione alcuni strumenti, al fine di poter mettere gli eredi (o legatari) nella condizione di reperire la password di accesso. È di certo sconsigliato il legato di password, che si atteggerebbe a legato avente ad oggetto le credenziali (oggetto immediato) nonché i diritti patrimoniali sui beni che si possono reperire accedendo al pc o al profilo protetto dalla combinazione alfanumerica (oggetto mediato). Tramite una disposizione del genere, infatti, verrebbe compromessa la segretezza e tutti sarebbero in possesso della password. È consigliabile, invece, servirsi del mandato post mortem ad exequendum o di un esecutore testamentario. Il primo strumento si configura quando il testatore dà mandato ad un altro soggetto, che accetta, di consegnare, all’apertura della sua successione, la password al soggetto al quale ha intenzione di lasciare i diritti sui propri beni digitali reperibili solo mediante l’inserimento della password; l’attribuzione dei beni, a favore del soggetto al quale dovrà essere comunicata la password, invece, dovrà farsi per testamento, ai fine di evitare la violazione dei patti successori (art. 458 c.c.)

Invece, rileva il secondo strumento quando il testatore nomina per testamento un esecutore testamentario al quale attribuisce il potere di consegnare alla persona designata, all’apertura della successione, la password che già gli ha comunicato in vita. Anche in questo caso, l’attribuzione dei diritti patrimoniali sui beni dovrà farsi per testamento (legato o istituzione ereditaria) Fra i due strumenti, quello più sicuro è il primo: con il mandato (negozio giuridico bilaterale), il mandatario si obbliga a svolgere l’attività materiale delegatagli; con la nomina dell’esecutore testamentario (negozio giuridico unilaterale), vi è il rischio che il soggetto nominato non accetti l’attività che gli è stato richiesta.

 




Bibliografia


  • Barba V., Interessi post mortem tra testamento e altri atti di ultima volontà, in Riv. Dir. civ., 2017, p. 334.

  • Capozzi G., Successioni e donazioni, in Ferrucci A. – Ferrentino C. (a cura di), Giuffrè Editore, Milano, 2015.

  • De Matteris, Sia fatta la mia volontà. Come e perché fare testamento. Storie, riflessioni e consigli, Mondadori, Milano, 2011.

  • Patti S., Formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, in Nuove leggi civ. comm., 2006, p. 49.


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