Tecnologia biomedica e atti notarili: la partecipazione dei soggetti malati di SLA
- Santina Munafò
- 25 giu
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 1 lug
Premessa
Le nuove tecnologie in ambito medico spingono gli studiosi ad analizzare la compatibilità fra queste ultime e la disciplina contenuta agli artt. 56 e 57 della Legge Notarile (l. 16 febbraio 1913, n. 89) che, prima dello studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 174 – 2022/P, trovava applicazione de plano nel caso in cui ad un atto pubblico partecipasse personalmente un soggetto affetto da SLA, in stato già avanzato.
All’uopo, risulta opportuno preliminarmente: specificare cosa si intenda per capacità di agire e capacità di intendere o di volere; analizzare la tutela apprestata dall’ordinamento italiano – avendo riguardo anche alle norme sovranazionali – ai soggetti che presentano gravi disabilità fisiche e/o psichiche ed, infine, soffermarsi sul caso specifico.
Capacità di agire e capacità di intendere o di volere
Ai sensi dell’art. 2, comma 1, c.c., «la maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa». Un soggetto maggiorenne, pertanto, può in modo del tutto autonomo e indipendente, porre in essere qualsiasi atto, di ordinaria o straordinaria amministrazione, che ritenga opportuno. Dalla capacità appena descritta va tenuta distinta la capacità giuridica, ossia la capacità di acquistare diritti la quale, invece, ai sensi dell’art. 1 c.c., sorge con la nascita (fermi restando gli atti che il legislatore permette di compiere in nome e per conto del nascituro o a favore di questi: donazione, divisione ereditaria, disposizioni testamentarie).
La capacità di agire, inoltre, può essere esclusa o limitata in forza di un provvedimento giudiziario che disponga l’interdizione (c.d. interdizione giudiziale, da non confondersi con quella legale), l’inabilitazione o l’amministrazione di sostegno, nei confronti di un soggetto con patologie psichiche (o anche esclusivamente fisiche, per il solo caso dell’amministrazione di sostegno). Ove venga dichiarata l’incapacità, gli atti di amministrazione del patrimonio della persona soggetta a misura di protezione vengono compiuti dal rappresentante legale (in caso di interdizione o di amministratore di sostegno con funzioni di rappresentanza) o con l’assistenza/consenso del curatore (in caso di emancipazione, inabilitazione o amministratore di sostegno con funzioni di assistenza, fermo restando il diritto di compiere in autonomia, nei casi di emancipazione ed inabilitazione, gli atti di ordinaria amministrazione e quelli personalissimi) ed, ove si tratti di atti di straordinaria amministrazione, risulta necessaria anche l’autorizzazione del giudice (tutelare o del Tribunale ex art. 747 c.p.c.) o, in alternativa, del notaio rogante (Art. 21 decreto legislativo 149/2022).
Invece, per capacità di intendere o di volere (detta anche capacità naturale) si intende la facoltà di una persona di comprendere il significato delle proprie azioni e di autodeterminarsi, ossia di controllare le proprie azioni in base a tale comprensione.
Tendenzialmente, capacità di agire e capacità di intendere o di volere coincidono e sono perfettamente sovrapponibili; tuttavia, vi sono dei casi particolari in cui ciò non si verifica.
Si pensi, ad esempio, ad un soggetto (maggiorenne) che si trovi sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti: nei casi appena descritti, generalmente si avrà un soggetto pienamente capace di agire ma privo, anche se in via temporanea e transitoria, della capacità di controllare e comprendere le proprie azioni. La dicotomia appena descritta sembra essere confermata dall’art. 428 c.c. («Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore») e dall’art. 1425, comma 1, c.c. («È parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 428, il contratto stipulato da persona incapace di intendere o di volere»).
La disciplina contenuta agli artt. 56 e 57 della Legge Notarile
Il legislatore ha previsto una particolare disciplina per il caso in cui ad un atto pubblico notarile partecipi un soggetto c.d. minorato, ossia un soggetto privo dell’udito (sordo) o della parola (muto) o sia della parola che dell’udito (sordomuto). La ratio delle norme che verranno spiegate infra (artt. 56 e 57 LN.) va ricercata nella necessità di dare la possibilità a tali soggetti di partecipare attivamente e consapevolmente all’atto di cui sono parte, senza alcuna forma di discriminazione basata dalla disabilità. Ciò è anche quanto voluto ed imposto dalle norme comunitarie (in particolare, cfr. art. 2 TUE, art. 10 TFUE, artt. 1-21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) e sovranazionali (in particolare, cfr. artt. 1, 2, 3 e 4 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 a New York dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite e ratificata in Italia con l. 3 marzo 2009, n. 18).
Ai sensi dell’art. 56 della L.N., «Se alcuna delle parti è interamente priva dell’udito, essa deve leggere l’atto e di ciò si farà menzione nel medesimo. Ove il sordo non sappia leggere, deve intervenire all’atto un interprete, che sarà nominato dal presidente del tribunale o dal notaio individuato per la stipula dell’atto tra le persone abituate a trattare con esso e che sappia farsi intendere dal medesimo con segni e gesti. L’interprete deve avere i requisiti necessari per essere testimone e prestare giuramento, giusta il primo capoverso dell’art. 55. Può essere scelto fra i parenti e per gli affini del sordo, e non può adempiere ad un tempo l’ufficio di testimone e di fidefaciente. Egli deve sottoscrivere l’atto, secondo il disposto dei numeri 10 e 12 dell’art.51».
Invece, ai sensi dell’art. 57 della L.N., «se alcuna delle parti sia un muto o un sordo- muto, oltre l’intervento dell’interprete prescritto nell’articolo precedente, si osservano le seguenti norme: il muto o sordomuto, che sappia leggere e scrivere, deve egli stesso leggere l’atto e scrivere alla fine del medesimo, prima delle sottoscrizioni, che lo ha letto e riconosciuto conforme alla sua volontà; se non sappia o non possa leggere e scrivere, sarà necessario che il linguaggio a segni del medesimo, sia inteso anche da uno dei testimoni, o che altrimenti intervenga all’atto un secondo interprete, giusta le norme stabilite nei due capoversi dell’articolo precedente».
Relativamente al predetto art. 57, si segnala che il legislatore, con l’art. 1 della l. 20 febbraio 2006, n. 95, ha previsto che in tutte le disposizioni legislative il termine «sordomuto» deve essere sostituito con il termine «sordo».
Infine, a dimostrazione dell’interesse mostrato dal legislatore ai problemi sopra esposti, va citato l’articolo 603, comma 4, c.c., il quale prevede che «per il testamento del muto o sordo o sordomuto si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni».
I soggetti affetti da SLA
La SLA (Sindrome Laterale Amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce le cellule che permettono i movimenti della muscolatura volontaria; tale malattia può bloccare progressivamente tutti i muscoli ma non ledere la capacità di pensare. Nello stato di avanzamento della malattia, i pazienti possono perdere la parola e conservare intatta la capacità cognitiva, continuando ad interagire con il mondo circostante solo con i movimenti oculari.
Premesso tutto ciò, nel caso in cui un soggetto affetto da SLA partecipi ad un atto pubblico notarile, è necessario comprendere quali formalità applicare a tutela della persona stessa.
Al riguardo, è possibile isolare e trattare distintamente tre ipotesi: i) il malato di SLA allo stadio iniziale; ii) il malato di SLA privato della capacità di agire (non si può escludere, sic et simpliciter, che il malato di SLA, abbia altre patologie che incidano sulle sue capacità cognitive. Ogni caso, pertanto, va analizzato singolarmente); iii) il malato di SLA con piena capacità di agire (e di intendere e di volere) ma del tutto paralizzato e impossibilitato a parlare.
Nella prima ipotesi, non sussistono particolari problemi: il malato di SLA che non gode di alcuna misura di protezione ed ha la piena capacità di parlare, muoversi, leggere e scrivere, viene considerato alla stregua di un normale soggetto normodotato. Lo stesso, pertanto, parteciperà all’atto autonomamente, senza alcuna assistenza e senza l’applicazione delle formalità previste dagli artt. 56 e 57 della L.N.
Nella seconda ipotesi, la situazione cambia ma non desta nè dubbi nè difficoltà: all’atto parteciperà solo il rappresentante legale che è stato nominato (tutore, in caso di interdizione; amministratore di sostegno con funzione di rappresentanza, in caso di amministrazione di sostegno), munito, inoltre, di apposita autorizzazione giudiziale o notarile. Tra l’altro, per tale ipotesi, è opportuno chiarire che il rappresentante legale potrà partecipare, in nome per conto dell’incapace, solo agli atti che l’ordinamento italiano non ritiene personalissimi (quale, ad es. il testamento).
La terza ipotesi, infine, è quella più complessa. Se il malato di SLA, pur avendo conservato le capacità cognitive (rectius: capacità di agire e di intendere e di volere), non è più in grado di parlare e di muoversi, è necessario comprendere come tutelarlo. Prima, si riteneva necessario applicare la disciplina di cui all’art. 57 L.N., sempre e comunque, senza distinguere le varie ipotesi.
Più precisamente, in passato si riteneva che il malato di SLA in stato avanzato (ossia quando la malattia non gli permette più di parlare e di muoversi) fosse da assimilare ad un soggetto muto, incapace di leggere e di scrivere (e di sottoscrivere). Ciò, pertanto, comportava la necessità, alla luce della normativa descritta al paragrafo 3, di fare intervenire in atto non solo i testimoni ma anche due interpreti (oppure un interprete ed un testimone che conoscesse il linguaggio a segni e gesti del malato). Tuttavia, di recente il Consiglio Nazionale del Notariato (studio n. 174- 2022/P) ha dato rilievo ed importanza ai cosiddetti puntatori oculari e alla necessità di coordinare le norme notarili con questi importanti strumenti tecnologici. Si tratta di dispositivi altamente tecnologici, nati negli anni ’80 inizialmente per scopi militari e solo verso la fine di quel decennio per rispondere ai bisogni delle persone disabili. Tale strumentazione, che si basa sul movimento dell’occhio ed in particolare sulla posizione della pupilla, garantisce al malato di SLA, privo di parola e totalmente paralizzato, di comunicare con le persone (con il supporto ulteriore di un sintetizzatore vocale), di leggere, di scrivere (su tastiera digitale) e anche di navigare su internet. Pertanto, secondo il CNN, nel caso in cui il soggetto affetto da SLA (non privato della capacità di agire e pienamente capace di intendere e di volere) si serva di tale alta tecnologia (puntatore e sintetizzatore), è possibile ritenerlo un soggetto in grado di parlare e di esprimersi, senza la necessità di applicare la disciplina del muto di cui all’ art. 57 L.N., nel caso in cui lo stesso partecipi all’atto notarile. Quanto detto è stato confermato anche dal Tribunale di Venezia (sezione seconda, n. 967/2017) il quale ha dato anche una lettura innovativa della legge notarile, confermando che non è necessaria la nomina giudiziale di un interprete per consentire a coloro che si esprimono tramite puntatore oculare e sintetizzatore vocale di partecipare ad atti pubblici notarili.
Chi scrive condivide pienamente l’interpretazione appena descritta, che permette di avere un diritto che proceda (nei limiti del possibile) allo stesso modo e allo stesso tempo delle nuove tecnologie, dando così dignità, fiducia e rispetto alle persone affette da gravi malattie come la SLA.
Nonostante questa nuova elaborazione, restando, purtroppo, l’impossibilità di sottoscrivere di pugno l’atto, a causa della totale paralisi che interessa il corpo del malato di SLA in stato avanzato, sarà sempre necessario rispettare quanto previsto dall’art. 51 L.N. dove si legge che «se alcune delle parti o alcuno dei fidefacienti non sapesse o non potesse sottoscrivere, deve indicare la causa che glielo impedisce e il notaro deve fare menzione di questa dichiarazione».
Bibliografia
Genghini L., La volontaria giurisdizione e il regime patrimoniale della famiglia, CEDAM, Padova, 2010;
Genghini L., La forma degli atti notarili, CEDAM, Padova, 2009;
Capozzi G., Successioni e donazioni, a cura di Ferrucci A. e Ferrentino C., Giuffrè Editore, Milano, 2015;
Metallo S., Sul superamento degli articoli 56 e 57 della legge notarile per i malati di sindrome laterale amiotrofica (sla), Studio n. 174 – 2022/P del CNN, https://notariato.it/wp-conten/uploads/Studio 174-2022.pdf.
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