top of page

Come possiamo proteggere i minori dal cyberspazio?

Immagine del redattore: Marta CajanoMarta Cajano

Scattare foto ai propri figli è un gesto innocuo, un modo in più per avere un loro ricordo di quando erano bambini. Ma con l'avvento dei social media si è sentita l'esigenza di condividere con più persone questo ricordo. Ma è lecito?


Lo sharenting, termine nato dalla fusione dei termini sharing (condividere) e parenting (genitorialità), è la condivisione sui social media di immagini, video e informazioni dei propri figli. Stiamo quindi parlando dell’immagine digitale dei minori.  Nel nostro codice civile non vi è un espresso riferimento a questo fenomeno, ma l’interesse del legislatore nei confronti della tutela del minore in questi anni è cresciuto, soprattutto grazie alla giurisprudenza. Sempre più nella giurisprudenza, infatti, si è affermata l’importanza del principio per cui tutte le decisioni che riguardano i minori (o che riguardano anche i minori) devono perseguire la tutela del miglior interesse di questi. La considerazione dell’interesse del minore deve avere carattere preminente e questo spiega perché negli ultimi anni sia cresciuta l’attenzione, all’interno della giurisprudenza, alla posizione di debolezza in cui versa il minore, soggetto meritevole di speciale tutela; anche laddove il perseguimento del miglior interesse del minore comporti la compressione o la limitazione dei diritti dei genitori.

Portando un esempio recente, nel 2022, il Tribunale di Rieti ha emesso una sentenza (n. 443, 17.10.2022) riguardante questo tema. Nel caso in questione, il padre, esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori, agisce in giudizio contro la zia di questi, per aver pubblicato senza consenso sul proprio profilo Facebook le foto dei minori, chiedendo il risarcimento del danno non patrimoniale ex. art. 2059 codice civile, in combinato con l’articolo 10 codice civile (riguardo la disciplina del diritto d’immagine) e l’articolo 82 del regolamento UE 2016/679 (in merito al diritto alla tutela della privacy). La convenuta, difendendosi, ha affermato che il consenso del genitore era implicito vista la «mancata iniziale opposizione» (G. Carapezza Figlia, 2023). Il tribunale investito della questione, accoglie la domanda dell’attore, «qualificando il consenso alla pubblicazione delle immagini di un minore quale atto eccedente l’ordinaria amministrazione da compiersi, ai sensi dell’art. 320, comma 3º, codice civile, congiuntamente da parte dei genitori, sì da considerare risarcibile il danno non patrimoniale consistente nella lesione dei diritti all’immagine e alla privacy dei soggetti ritratti» (G. Carapezza Figlia, 2023).

Riassumendo, la pubblicazione di foto che ritraggono minori costituisce un illecito civile risarcibile ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile, in quanto atto eccedente l’ordinaria amministrazione.

Un altro motivo per cui si vuole proteggere il minore è dovuto al suo approccio sempre più precoce alle ICT (Information and Communication Technologies), vuoi ai fini dell’istruzione o a quelli dell’intrattenimento. Proprio per questo, i minori «si imbattono spesso in contenuti e servizi digitali che non sono stati concepiti tenendo conto di loro» (R. Senigaglia, 2023), portando a degli impatti negativi sullo sviluppo dell’identità personale del minore, problema che non si pone con l’adulto, il quale potrebbe, semmai, correre il rischio di un pregiudizio della stessa. Invero, i genitori, hanno un obbligo nei confronti del minore (ex artt. 147 e 315-bis codice civile), dovendo essi provvedere ad un’adeguata educazione del mondo digitale e far nascere nel proprio figlio una coscienza critica dei pericoli che può incorrere (ad esempio, la circolazione dei suoi dati personali in rete). 

Dunque, come possiamo tutelare i minori? Una prima soluzione è stata data nel paragrafo precedente, cioè la supervisione dei genitori, garantendo un utilizzo sicuro dei social network da parte del minore. Un secondo strumento, disposto per legge dal decreto legge 30 aprile 2020, n. 28 (poi convertito nella legge 25 aprile 2020, n. 70), è il sistema di controllo parentale. Il decreto infatti, all’articolo 7-bis, dispone che «i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica, disciplinati dal codice di cui al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, devono prevedere tra i servizi pre-attivati sistemi di controllo parentale ovvero di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco di contenuti riservati ad un pubblico di età superiore ai diciotto anni», comunque insieme ad un’adeguata pubblicità di questi sistemi da parte degli «operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche  in modo da consentire ai consumatori di compiere scelte informate» (R. Senigaglia, 2023).


Concludendo, possiamo dire che il mondo digitale è certamente una dimensione affascinante, ma rappresenta anche un’arma a doppio taglio considerando i suoi effetti negativi sul minore, che comunque possono essere ridotti, anche da parte dei genitori dello stesso, conferendogli un’educazione appropriata su come navigare coscientemente in questo mondo avvincente, ma anche insidioso.





Bibliografia

  • Carapezza Figlia G., Sharenting: nuovi conflitti familiari e rimedi civili, in La Nuova Giurisprudenza Italiana, 5/2023, p. 1104.

  • Senigaglia R., L'identità personale del minore di età nel cyberspazio tra autodeterminazione e parental control system, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 6/2023, pp. 1568 e 1589-1590.


Commenti


bottom of page