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Chat, email e SMS come corrispondenza privata: la Cassazione estende la tutela costituzionale al digitale

Aggiornamento: 8 ott

Con la sentenza n. 31878 del 2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha preso posizione su una questione cardine nel diritto penale e processuale: quale tutela si applica alle comunicazioni veicolate tramite dispositivi mobili?

La Corte ha affermato un principio destinato a incidere profondamente sulle prassi investigative e sull’interpretazione dell’art. 15 della Costituzione. La pronuncia, di rilevanza nomofilattica, sancisce che i messaggi scambiati tramite smartphone, a prescindere dal fatto che essi siano chat, email o SMS, non possono essere qualificati come meri documenti informatici, bensì costituiscono vera e propria corrispondenza privata, pienamente rientrante nella tutela dell'art. 15 Cost.


1. La qualificazione giuridica e il valore costituzionale della comunicazione digitale

La Corte ha affermato che la comunicazione elettronica realizza un flusso informativo personale e diretto tra soggetti determinati e, come tale, è oggetto della riserva di legge e di giurisdizione che presidia l’inviolabilità della corrispondenza.

Ne discende che ogni attività di acquisizione, lettura o duplicazione di tali contenuti deve rispettare i vincoli procedurali e le garanzie previste dall’ordinamento, pena la violazione di un diritto fondamentale di rango costituzionale. L’utilizzo di un medium digitale non priva il messaggio della sua natura di atto comunicativo, né rende più tenue il diritto di chi lo invia e lo riceve a mantenerlo riservato.

Con questa decisione, la Cassazione consolida un orientamento già emerso negli ultimi anni, ma lo estende in modo esplicito al contesto tecnologico. È un traguardo importante verso una lettura costituzionalmente orientata del processo penale digitale, in cui la tutela della persona non può essere ridotta per il cambiamento del supporto comunicativo di riferimento. La rapidità della comunicazione e la sua dematerializzazione non attenuano, bensì rafforzano, l’esigenza di tutela della sfera privata.


2. L’estensione temporale della tutela: dalla ricezione alla perdita di attualità comunicativa

Un altro passaggio significativo riguarda la durata della protezione riconosciuta ai messaggi digitali. Richiamando la sentenza n. 170 del 2023 della Corte Costituzionale, la Cassazione chiarisce che la tutela non si estingue con la semplice lettura o archiviazione del messaggio. Il vincolo di riservatezza resta finché la comunicazione conserva un’attualità, cioè finché può ancora rivelare elementi della relazione o del contesto comunicativo originario.

Solo quando il tempo o le circostanze rendono il messaggio privo di rilevanza comunicativa, la sua protezione può dirsi esaurita. Si tratta di un criterio sostanziale, che guarda alla funzione della comunicazione e non al dato meramente tecnico della “lettura avvenuta”.

Tale impostazione è coerente con la concezione sostanziale della riservatezza: ciò che conta non è il supporto tecnico, ma la natura interpersonale dello scambio informativo.


3. Sequestro probatorio e limiti operativi: il perimetro delle garanzie nella corrispondenza privata

La decisione affronta poi il profilo procedurale, chiarendo come e da chi possano essere acquisite le chat o le email nell’ambito di un’indagine.

Su questo punto, la Corte chiarisce che è precluso alla polizia giudiziaria di procedere in autonomia a fotografare, copiare o salvare conversazioni. L'unico strumento legittimo per acquisire tali contenuti è il decreto motivato di sequestro probatorio, disposto dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 254 c.p.p.

La Cassazione sottolinea inoltre la distinzione, spesso trascurata, tra intercettazione e sequestro:

  • l'intercettazione attiene alla captazione “in diretta” di una comunicazione in corso, soggetta a un diverso regime autorizzativo e alle garanzie di cui agli artt. 266 ss. c.p.p.;

  • il sequestro, invece, si riferisce a messaggi già avvenuti e salvati sul dispositivo e costituisce l’unico strumento di ricerca della prova idoneo a legittimarne l’acquisizione in sede processuale.

Solo in situazioni di effettiva urgenza la polizia può agire immediatamente, ma l’atto, per mantenere la sua validità, deve essere tempestivamente convalidato dal magistrato.


4. La patologia processuale: l’inutilizzabilità assoluta della prova acquisita contra legem

La Corte prosegue nella sentenza, lasciando ampio spazio alle conseguenze delle violazioni procedurali.

In particolare, nel caso in cui le conversazioni digitali vengono acquisite in assenza del prescritto decreto del Pubblico Ministero, la prova così raccolta è inutilizzabile in modo assoluto.

Si tratta di un’invalidità radicale che produce effetti sostanziali e processuali incisivi:

  1. il materiale raccolto non può essere inserito nel fascicolo processuale;

  2. non può fondare una condanna;

  3. non è sanabile nemmeno con il consenso dell’indagato.

In questo modo, la Cassazione ribadisce un principio essenziale del processo penale, ossia  la fedeltà alla legalità procedurale come condizione imprescindibile di validità della prova. Le garanzie procedurali non sono formalismi, ma strumenti di equilibrio tra il potere investigativo e la tutela dei diritti fondamentali.


5. Considerazioni sistematiche e prospettive

La sentenza n. 31878/2025 segna un punto di svolta nel rapporto tra diritto e tecnologia, in particolare nel ramo del diritto penale e processuale che sono chiamati a confrontarsi con le nuove frontiere della comunicazione tramite dispositivo mobile.

Riconoscendo alle comunicazioni digitali lo statuto di corrispondenza privata, la Cassazione ribadisce che la dimensione tecnologica non può ridurre il grado di protezione riconosciuto alla persona.

La Corte, quindi, riafferma la centralità del diritto alla riservatezza, che, come ogni diritto costituzionale, deve adattarsi ai tempi, senza perdere la sua forza.

In un contesto in cui la vita quotidiana si svolge sempre più online e i flussi comunicativi si sviluppano su piattaforme dematerializzate e globali, questa pronuncia evidenzia come, anche nel mondo digitale, la parola resta inviolabile. Non importa se scritta su carta o su un dispositivo elettronico, il suo valore giuridico rimane lo stesso.

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