Patent, Copyright, Trademark… sono termini inglesi che tutti avranno sentito, almeno una volta, che ci si occupi o meno di diritto. E in effetti tali parole si sono diffuse a dismisura, soprattutto dal secondo dopoguerra, tanto da indurre alcuni a pensare il diritto dei brevetti «cosa anglosassone». Sebbene le invenzioni tecnologiche più rivoluzionarie siano in effetti associate al mondo anglosassone, non è lì che è sorta la prima disciplina in materia. Vicino a noi, nella splendida – e all’epoca potentissima, «la dominante» – Venezia del XV secolo, fu promulgata la prima legge sui brevetti, che proteggeva la proprietà intellettuale degli inventori: si tratta della legge votata il 19 marzo 1474 dal Senato veneziano. Nel contesto di fermento culturale intellettuale di fine Medioevo, che di lì a poco sarebbe sfociato nell’Umanesimo rinascimentale, Venezia fu un centro di attrazione formidabile per gli innovatori: si pensi, esempio emblematico, all’introduzione – e alla successiva massiccia diffusione – della stampa a caratteri mobili nell’isola, con Johann e Wendelin von Speyer (Giovanni e Vindelino da Spira, n.d.r.). La legge, nello specifico, proteggeva per 10 anni gli inventori che registrassero la propria opera presso i Provveditori de comun di Rialto, i quali rilasciavano il brevetto, contro chiunque tentasse di replicare l’invenzione, di utilizzarla o di sfruttarla economicamente. Con la concessione di una, seppur breve, privativa, la legge funse da attrattiva per chi temesse di vedere i propri segreti tecnologici usurpati da altri, o da altri utilizzati senza il proprio consenso. A testimonianza del fermento in ambito non solo artistico e umanistico, ma anche tecnologico, basta ricordare che, nel marzo del 1500, a giungere a Venezia fu Leonardo da Vinci, ma questa è un'altra storia...
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