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Procuratore artificiale cinese: ingegno distopico o strumento di giustizia?

Immagine del redattore: Manuele Fazio Manuele Fazio

Il diritto processuale penale e la fase delle attività investigative stanno recependo le innovazioni e influenze derivanti dall’impiego di sistemi basati sull’intelligenza artificiale, oltrepassando confini che rasentano la distopia. Ciò che sembra appartenere a un futuro lontano è già realtà nel Celeste Impero. La Cina ha compiuto uno sforzo pionieristico nell’ambito dell’innovazione tecnologica in campo giuridico. Non si tratta «solo di semplici» algoritmi di polizia predittiva, ma di meccanismi molto più avanzati, tali da rendere i primi obsoleti. L'innovazione risale agli esordi del 2019, quando il concetto stesso di intelligenza artificiale era sconosciuto ai più.

Attualmente le Procure distrettuali cinesi utilizzano e testano le capacità del primo modello di Procuratore artificiale al mondo. L’algoritmo del c.d. AI Prosecutor analizza i dati inseriti nei fascicoli dei singoli casi, estraendo le informazioni di maggiore rilevanza. L’operato della macchina orwelliana non termina qui: tramite un sistema associativo di reti neurali, procede alla formulazione dell’imputazione. Questo significa che l’imputazione, considerata l’operazione più delicata della fase pre-dibattimentale, è formulata unilateralmente dall'algoritmo, con scarsa trasparenza riguardo ai criteri logico-deduttivi adottati. Questa automatizzazione elimina di fatto l’intervento umano, determinando sicuramente una riduzione dell’attività per le Procure distrettuali in alcuni ambiti del diritto penale sostanziale; ciò poiché il Procuratore artificiale riesce ad operare solo nell’ambito di un numerus clausus di fattispecie. Tale impiego dell’algoritmo, in teoria, permetterebbe ai procuratori umani di concentrarsi sull’analisi di casi più complessi che l'IA, al momento, non è in grado di gestire adeguatamente.

L’Accademia Cinese della Scienza, ossia l’ente creatore del suddetto progetto e supervisore della sua applicazione e del suo corretto funzionamento, stima una precisione nella formulazione delle accuse intorno al 97%. Nonostante le rassicurazioni provenienti dai dati addotti da alcuni specialisti del settore (la cui imparzialità è comunque dubbia), la dicotomia tra automatizzazione ed equità solleva interrogativi cruciali sull’uniformità di trattamento e sulla trasparenza del processo decisionale.

L’impiego così pervasivo di un algoritmo nell’attività delle Procure, senza una chiara definizione dei termini di vincolatività, potrebbe facilmente portare gli operatori ad abusarne. Inoltre, si solleva il problema macroeconomico della mercificazione degli algoritmi giuridico-decisionali da parte delle società di sviluppo privato, minando la trasparenza dei sistemi stessi.

Nonostante i dubbi e i legittimi interrogativi a livello europeo e internazionale, il Sistema cinese d’avanguardia non indietreggia minimamente. Al di là dello scetticismo, il Procuratore artificiale rappresenta una vera e propria rivoluzione del modo in cui concepiamo le attività pre-dibattimentali nei sistemi processualpenalistici. Molti interrogativi rimangono attualmente senza risposta, soprattutto alla luce dei futuri sviluppi che avranno luogo in un contesto fluido di connubio tra algoritmo e diritto.

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