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La digitalizzazione della P.A. nella lotta alla corruzione: dalla trasparenza «debole» a quella «difensiva»

Immagine del redattore: Francesco MagagnaFrancesco Magagna

1. Introduzione

È ben noto come l’Italia non sia affatto estranea al fenomeno corruttivo. Nel corso degli anni, sono state adottate diverse misure volte a prevenire e contrastare la corruzione nella pubblica amministrazione (P.A.), tra le quali assume particolare rilievo la trasparenza. Invero, come è affermato nel sito Internet istituzionale del Ministero per la pubblica amministrazione, «la migliore politica per contrastare la corruzione è puntare sulla massima trasparenza: si abbassano i costi, migliora la qualità dei servizi offerti e si garantisce un controllo sociale come deterrente alla corruttela». La trasparenza amministrativa assume ancor più concretezza grazie al continuo e ineludibile processo di transizione digitale della P.A., il cui obiettivo è quello di garantire un’amministrazione in grado di offrire servizi pubblici digitali facilmente utilizzabili, sicuri e di qualità, tali da garantire una relazione trasparente e aperta con i cittadini.

Nella presente trattazione si intende in primo luogo approfondire la nozione di trasparenza e le sue caratteristiche. In secondo luogo si esamina il diritto di accesso documentale disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, nonché il diritto di accesso civico c.d. semplice di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013.



2. Il principio di trasparenza

La trasparenza, oltre che essere di vitale importanza nell’ambito delle misure generali di prevenzione e contrasto alla corruzione, rappresenta uno dei principi cardine per l’organizzazione e il funzionamento dell’attività amministrativa. Inoltre, la trasparenza è funzionale a garantire l’imparzialità dell’amministrazione.

La Costituzione italiana non contiene alcuna norma che fa esplicito riferimento al principio di trasparenza: tale principio è stato formalizzato per la prima volta dalla legge n. 15 del 2005, la quale ha modificato alcune disposizioni della legge n. 241 del 1990 (c.d. legge sul procedimento amministrativo).

Il principio di trasparenza pone i cittadini nella condizione di conoscere in quale modo si formino gli elementi necessari per determinare le scelte della P.A., così come quali siano le ragioni e le giustificazioni di uno specifico provvedimento amministrativo. Detto principio rileva sotto due profili: in primo luogo, esso prevede la messa a disposizione, alla generalità degli interessati, di determinate informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle diverse amministrazioni; in secondo luogo, il principio di trasparenza comprende il più specifico diritto di accesso ai documenti amministrativi, definito all'art. 22, comma 2, l. 241/1990 (così come modificato dall’anzidetta l. 15/2015) come «principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza».

Alla luce di quanto sinora esposto, è evidente come la trasparenza si presti ad essere un efficace strumento anticorruzione: senza di essa, l’agire amministrativo sarebbe adombrato da opacità e segreto, condizioni in presenza delle quali non risulta affatto agevole individuare e perseguire eventuali condotte di tipo corruttivo poste in essere da funzionari pubblici.



3. La legge n. 241 del 1990 e la trasparenza c.d. debole

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi a cui si è fatto poc’anzi riferimento è considerato uno dei principali mezzi mediante i quali si concretizza il principio di trasparenza. Tale diritto è previsto sin dal testo originario della legge 241/1990 e nasce pertanto in un contesto anteriore al processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Ad ogni modo, l’essenza del diritto di accesso – la quale coincide con le modalità pratiche che lo rendono effettivamente esercitabile dagli amministrati – è immancabilmente influenzata e plasmata dal fenomeno di transizione digitale in esame.

Ai sensi dell’art. 22 della legge sul procedimento amministrativo, per «diritto di accesso» si intende «il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi». Si tratta di un diritto di accesso generale, in quanto potenzialmente azionabile – a determinate condizioni – da ogni soggetto. Diversamente, prima della legge 241/1990, vi erano soltanto talune limitate ipotesi di diritto di accesso particolare, cioè ristretto a specifici soggetti e ambiti: in materia urbanistica (art. 10 della legge 765/1967), in materia di autonomie locali (art. 24 della legge 816/1985 e art. 7 della legge 142/1990) e in materia ambientale (art. 14 della legge 349/1985).

Il diritto di accesso agli atti ex art. 22 cit. è esercitabile da «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso» (art. 22, comma 1, lett. b), l. 241/1990). Vi sono tuttavia alcune specifiche ipotesi di esclusione del diritto di accesso documentale: i documenti coperti da segreto di Stato; i procedimenti tributari; l’attività della P.A. «diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione»; nell’ambito dei procedimenti selettivi, i «documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi» (art. 24, comma 1, l. 241/1990). In particolare, spetta alle singole amministrazioni il compito di individuare, in relazione alle predette ipotesi di esclusione, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso (art. 24, comma 2, l. 241/1990).

In aggiunta, il diritto di accesso documentale è esercitabile soltanto previa motivazione della richiesta di accesso, la quale deve necessariamente riferirsi a una situazione personale del richiedente: non sono infatti ammissibili «istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni» (art. 24, comma 3, l. 241/1990).

Quanto all’oggetto del diritto di accesso in questione, si ritiene che esso sia identificabile nel documento amministrativo. Quest’ultimo consiste in «ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse» (art. 22 l. 241/1990). Da tale definizione normativa si evince che è possibile prendere visione ed estrarre copia soltanto di atti che si siano già formati sul piano estrinseco; non risulterebbe invece possibile l’accesso a meri dati e informazioni.

Sebbene l’intento del legislatore fosse quello di realizzare in concreto la trasparenza, nel diritto di accesso ex art. 22 l. 241/1990 tale principio risulta essere secondario rispetto alla tutela di situazioni giuridiche soggettive. Infatti, l’obbligo di motivazione dell’istanza di accesso e l’inammissibilità di istanze volte a un controllo generalizzato sull’operato dell’amministrazione rendono evidente come tale istituto giuridico si presti ad essere destinato quasi esclusivamente a consentire al singolo cittadino di tutelare le proprie situazioni giuridiche nei confronti della P.A. Inoltre, nonostante il carattere innovativo del diritto di accesso introdotto dalla legge sul procedimento amministrativo, vi è chi ritiene che la sua portata sia stata notevolmente ridimensionata dal contesto di «protodigitalizzazione» nel quale tale atto legislativo è stato approvato (in tal senso, S. Rossa, 2020). All’epoca, infatti, si assisteva soltanto ad alcuni deboli tentativi di applicare l’informatica giuridica alla P.A.: ad esempio, si era iniziato a discutere di «teleamministrazione» e di «informatica amministrativa» solo da pochi anni. Non era dunque immaginabile poter consentire la visione e l’estrazione di copia di dati e informazioni esterni al documento e a prescindere da esso: pareva naturale ricondurre il diritto di accesso al documento amministrativo in sé, in quanto supporto materiale contenente dati o informazioni. Ed è proprio a causa delle limitazioni poste dal legislatore del 1990 al diritto di accesso, nonché del basso grado di digitalizzazione di quel periodo, che la trasparenza a cui mira l’accesso documentale è stata considerata – a posteriori – una trasparenza «debole» (S. Rossa, 2020).



4. L'obbligo di pubblicazione dei dati sui siti istituzionali

Un primo importante passo in avanti si deve al decreto legislativo n. 82 del 2005 (c.d. codice dell’amministrazione digitale – CAD), il cui art. 54, nel suo testo originario, imponeva alle amministrazioni di pubblicare sui relativi siti Internet istituzionali determinate categorie di dati concernenti l’organizzazione e l’attività amministrativa. Si trattava tuttavia di una norma avente natura programmatica, non essendo prevista alcuna sanzione in caso di mancata pubblicazione dei dati richiesti. Ciononostante, il vecchio art. 54 CAD ha segnato un chiaro cambio di approccio in materia di trasparenza, spostando l’accento dal diritto di accesso al principio di pubblicità, considerato in dottrina come l’altra faccia della trasparenza. Quest’ultima ha così cominciato ad essere il risultato di una condotta positiva posta in essere dalla P.A., la quale «propone e non subisce l’acquisizione delle informazioni in suo possesso», come invece avviene per l’accesso documentale (S. Rossa, 2020). In aggiunta, è bene notare come l’introduzione dell’obbligo di pubblicazione di determinati dati sui siti istituzionali sia stata resa concretamente possibile dalla crescita della diffusione delle tecnologie digitali sia nell’ambito pubblico sia in quello privato.



5. Il decreto legislativo n. 33 del 2013 e la trasparenza c.d. difensiva

Alcuni anni più tardi si è giunti all’approvazione del decreto legislativo n. 33 del 2013 (c.d. codice della trasparenza), secondo il cui art. 1 del testo originario la trasparenza era da intendersi come «accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche». Il mezzo individuato dal legislatore del 2013 per perseguire il fine della concretizzazione della trasparenza amministrativa è rappresentato dai numerosi obblighi di pubblicazione specificamente indicati al capo II del decreto legislativo in esame.

In particolare, il d.lgs. 33/2013 ha esteso la portata della trasparenza, stabilendo al secondo comma dell'art. 2 – il quale è tuttora invariato rispetto al testo originario – che la predetta pubblicazione nei siti Internet istituzionali abbia ad oggetto i documenti, le informazioni e i dati concernenti l’organizzazione e l'attività delle singole amministrazioni. Ciò rappresenta un elemento di novità rispetto al diritto di accesso ex art. 22 l. 241/1990, il cui oggetto è il solo documento amministrativo.

Inoltre, il codice della trasparenza ha introdotto il c.d. diritto di accesso civico, il quale costituisce una «posizione giuridica soggettiva funzionalmente contrapposta all’obbligo di pubblicazione» (S. Rossa, 2020). Detta posizione giuridica racchiude due elementi: in primo luogo, il diritto di accedere ai siti istituzionali in modo immediato e senza necessità di autenticazione, con il relativo diritto di conoscere, usare e riusare gratuitamente i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria; in secondo luogo, il diritto di richiedere e ottenere quei documenti, dati e informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria nel caso in cui l’amministrazione non provveda alla pubblicazione degli stessi. Entrambe tali pretese, diversamente da quanto è previsto per l’accesso documentale, sono esercitabili da qualunque individuo, indipendentemente dal fatto che egli sia portatore di interessi qualificati o sia coinvolto nel procedimento. Inoltre, al contrario della richiesta di accesso documentale, quella di accesso civico non necessita di alcuna motivazione.

In dottrina si è sostenuto che la trasparenza di cui al d.lgs. 33/2013 rappresenti una trasparenza «difensiva», poiché le singole amministrazioni perseguirebbero l’obiettivo della trasparenza al solo fine di evitare di incorrere nelle sanzioni previste in caso di inottemperanza agli obblighi di pubblicazione (in tal senso, S. Rossa, 2020). Invero, nelle intenzioni del legislatore del tempo vi era la convinzione che la collettività, mediante l’introduzione del diritto di accesso civico, «avrebbe potuto costituire una perfetta struttura sociale in grado di costringere l’amministrazione a comportarsi sempre correttamente nella consapevolezza di essere costantemente tenuta d’occhio» (S. Rossa, 2020). Nondimeno, sul piano pratico, tale intento ha trovato un considerevole limite nella predeterminazione, operata dallo stesso legislatore, delle categorie di documenti, dati e informazioni a cui i cittadini possono richiedere l’accesso, così che risulta precluso l’accesso a ogni altra categoria non contemplata ex ante. Ad ogni modo, rispetto alla legge 241/1990, il decreto legislativo in esame ha portato a un’evidente maggiore apertura della P.A. verso le istanze della cittadinanza.



6. Conclusione

In sintesi, il percorso di digitalizzazione della pubblica amministrazione si presta ad avere un impatto significativo sulla lotta alla corruzione, soprattutto grazie all’evoluzione del concetto di trasparenza. Mentre inizialmente la trasparenza era caratterizzata da una natura «debole», strettamente legata al diritto di accesso documentale previsto dalla legge n. 241 del 1990, l'adozione del decreto legislativo n. 33 del 2013 ha portato a una trasparenza più ampia e strutturata. Quest’ultima mira non solo a garantire l’accesso ai documenti amministrativi, ma anche a facilitare un controllo diffuso sull’operato della P.A. tramite obblighi di pubblicazione.

Tuttavia, nonostante i notevoli progressi, persistono delle limitazioni che riducono l’efficacia della trasparenza come strumento anticorruzione: affinché la trasparenza diventi davvero proattiva nella lotta alla corruzione, sarà necessario continuare a sviluppare strumenti tecnologici e normativi che favoriscano un accesso sempre più esteso e libero alle informazioni della P.A., assicurando così una maggiore responsabilizzazione dei funzionari pubblici e un controllo sempre più incisivo da parte dei cittadini.

Nel prossimo articolo verrà esaminato un altro importante passo in avanti in materia di trasparenza, rappresentato dal decreto legislativo n. 97 del 2016, il quale ha introdotto l'accesso civico generalizzato e segnato il passaggio a una trasparenza che è stata definita «ragionata».





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